LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
 
 
                        Prima Sezione Civile 
 
    Composta da 
        Francesco Antonio Genovese - Presidente 
        Carlo De Chiara - Consigliere Rel. 
        Maria Acierno - Consigliere 
        Mauro Di Marzio - Consigliere 
        Laura Tricomi - Consigliere 
    ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
iscritto al n. 13040/2017 R.G. proposto da: 
        U    A     ,  rappresentato  e  difeso  dall'Avv.  Alessandro
Ferrara, con domicilio eletto presso  il  suo  studio  in  Roma,  Via
Sardegna n.  29  -  ricorrente  -  contro  Ministero  dell'interno  -
intimato - avverso il decreto del Giudice di pace di Roma  pubblicato
l'8 maggio 2017 nel proc. n. 33868/17 R.G. 
    Udita la relazione svolta nella pubblica udienza  dell'11  maggio
2018 dal Consigliere Carlo De Chiara; 
    udito l'Avv. Alessandro Ferrara per il ricorrente; 
    udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Federico Sorrentino, che ha concluso per l'accoglimento  del
ricorso. 
 
                           Fatti di causa 
 
    1. Il Giudice di pace di Roma  ha  convalidato  la  misura  della
consegna del  passaporto,  con  obbligo  di  firma  due  giorni  alla
settimana presso un ufficio di polizia, emessa il 5 maggio  2017  dal
Questore, ai sensi dell'art. 14, comma 1-bis, d. lgs. 25 luglio 1998,
n. 286 (t.u. imm.), nei confronti del sig. A    U    , cittadino  del
Bangladesh attinto da decreto prefettizio di espulsione. 
    2. Il sig. U     ha  proposto  ricorso  per  cassazione  con  tre
motivi, illustrati anche con memoria. 
    L'Amministrazione intimata non ha svolto difese. 
 
                       Ragioni della decisione 
 
    1. Con il primo motivo di ricorso, denunciando  violazione  degli
artt. 24 e 111 Cost. in relazione agli artt. 13,  comma  8,  sesto  e
settimo periodo, e 14, commi l bis e 5, t.u. imm., nonche'  dell'art.
3 d.P.R. 31 agosto 1999,  n.  394,  come  modificato  dal  d.P.R.  18
ottobre 2014, n. 334, si censura l'emissione del decreto di convalida
senza previo svolgimento di un'udienza  davanti  al  giudice  con  la
partecipazione necessaria di un difensore dell'interessato. Ad avviso
del  ricorrente  si  impone   un'interpretazione   costituzionalmente
orientata del richiamato comma 1 bis dell'art. 14 t.u. imm., che  non
prevede  l'udienza  davanti  al  giudice  di  pace  investito   della
richiesta di convalida della misura in questione, ma prevede soltanto
la possibilita' di  un  contraddittorio  cartolare  (il  destinatario
della misura deve essere avvisato che ha facolta'  di  presentare  al
giudice, personalmente  o  a  mezzo  del  suo  difensore,  memorie  o
deduzioni  scritte).  Il  contraddittorio  orale,  con  la   presenza
necessaria di un  difensore  e  dunque  la  nomina  di  un  difensore
d'ufficio in mancanza di un  difensore  di  fiducia,  e'  infatti  un
profilo essenziale del diritto di difesa e  del  giusto  processo  in
tema di liberta' personale tutelata dall'art. 13 Cost., e le misure -
come quella di cui trattasi -  alternative  al  trattenimento  in  un
centro di permanenza per i rimpatri sono «funzionalmente  preordinate
alla realizzazione dell'espulsione con accompagnamento coattivo  alla
frontiera»,  onde   «devono   godere   delle   medesime   guarentigie
costituzionali previste per la convalida del trattenimento». 
    2. Con il secondo motivo, denunciando  violazione,  ex  art.  117
Cost., dell'art. 7, par. 3, della direttiva 2008/115/CE come recepita
dal d.l. 23 giugno 2011, n. 89, art. 3, conv. in legge 2 agosto 2011,
n. 129, in riferimento alle modifiche apportate all'art. 14, comma  1
bis, t.u. imm., nonche' violazione dell'art. 5 CEDU e degli artt.  47
e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione  europea,  come
interpretati dalla Corte di giustizia  con  le  sentenze  5  novembre
2014, C-166/13 Mukarubega e 10 settembre 2013, C-383/13, M.G. e N.R.,
la tesi della obbligatorieta' della difesa tecnica da esercitarsi  in
udienza, con la nomina di un difensore di ufficio in mancanza  di  un
difensore di fiducia, quale manifestazione del  diritto  fondamentale
di difesa e del principio del contraddittorio, viene riproposta anche
sotto il profilo delle richiamate norme sovranazionali. 
    3. Con il terzo motivo, denunciando la violazione degli artt.  13
bis e 14, commi 1-bis e 5, t.u. imm., dell'art. 23 legge 24  novembre
1981, n. 689, degli artt. 737 e 738 cod. proc. civ., degli artt. 6  e
13 CEDU, nonche'  degli  artt.  13,  24,  e  111  Cost.,  si  censura
l'apoditticita'  e  sostanziale  inesistenza  della  motivazione  del
provvedimento  impugnato,  la  quale  si  sostanzia,  ad  avviso  del
ricorrente, nella semplice affermazione del  mancato  svolgimento  di
attivita' difensiva da  parte  dell'interessato:  cio'  che,  per  un
verso, non consente di ricostruire il  percorso  logico  seguito  dal
giudice nel decidere, e dunque non costituisce motivazione, per altro
verso e' comunque illegittimo,  perche'  il  mancato  svolgimento  di
attivita' difensiva non comporta l'automatica convalida della misura. 
    4. La  questione  sollevata  con  il  primo  motivo  di  ricorso,
concernente il contrasto con gli artt. 13 e 24, secondo comma,  Cost.
della mancata previsione che il giudizio di convalida della misura si
svolga in udienza, con la  partecipazione  necessaria  del  difensore
dell'interessato,  eventualmente  nominato  d'ufficio,   non   appare
manifestamente infondata, ne' e' superabile in via di interpretazione
costituzionalmente orientata del disposto di cui all'art.  14,  comma
1-bis, t.u. imm. (inserito dall'art. 3, comma 1,  lett.  d),  n.  2),
d.l. 23 giugno 2011, n. 89, conv., con modif., nella legge  2  agosto
2011, n. 129). 
    4.1. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 144 del 1997,  ha
avuto occasione di verificare la compatibilita' con gli artt. 13 e 24
Cost. dell'istituto - per certi versi analogo - introdotto  dall'art.
6, comma 3, della legge 13 dicembre 1989,  n.  401,  come  sostituito
dall'art. 1 della legge 24 febbraio 1995, n. 45  di  conversione  del
d.l. 22 dicembre 1994, n. 717, che prevede la facolta'  del  questore
di prescrivere a determinate persone,  distintesi  per  comportamenti
violenti in occasione di  manifestazioni  sportive,  la  comparizione
presso un ufficio di polizia negli orari in  cui  si  svolgono  dette
manifestazioni, al fine di impedire la loro partecipazione  a  queste
ultime. In tale sede la Corte ha osservato quanto segue: 
        «... il diritto di difesa, come la Corte ha gia' rilevato  in
altre occasioni, ammette una molteplicita' di discipline, in rapporto
alla varieta' dei contesti, delle sedi e degli  istituti  processuali
in cui esso e' esercitato (sentenza n. 48 del 1994), al punto che  la
stessa assistenza del difensore puo' e deve  trovare  svolgimento  in
forme  adeguate  sia  alla  struttura  del  singolo  procedimento   o
dell'atto che va adottato (sentenza 160 del 1995), sia alle  esigenze
sostanziali del caso sottoposto all'esame del giudice. 
    Il ricorso, nella disposizione oggetto di  denuncia,  al  modello
della convalida non impone, dunque, necessariamente di  assegnare  al
procedimento  le  medesime  garanzie  previste   per   la   convalida
dell'arresto  e  del  fermo  di  polizia  giudiziaria.  La   identica
qualificazione data al procedimento stesso, sul piano degli  istituti
processuali,  non   consente,   infatti,   di   trascurare   che   il
provvedimento qui assunto  da  parte  del  giudice  per  le  indagini
preliminari ha  portata  e  conseguenze  molto  piu'  limitate  sulla
liberta'  personale  del  destinatario,  rispetto  a   quelle   delle
anzidette misure pre-cautelari  o  di  altre  ancora  che,  comunque,
incidono in maniera ben piu' rilevante, sullo stesso bene. 
    Detti rilievi appaiono ancor piu'  pertinenti  ove  si  consideri
che, nella  fattispecie  oggetto  della  disposizione  censurata,  la
necessita'  di  garantire  all'interessato  una  adeguata  difesa  va
coniugata con la celerita' nell'applicazione della misura, condizione
necessaria  perche'  la  stessa  possa  rivelarsi  efficace,  si'  da
giustificare, in un equilibrato  rapporto  fra  esigenze  in  giuoco,
l'adozione di forme semplificate attraverso le quali possa esplicarsi
il contraddittorio». 
    La Corte ha pertanto escluso l'incostituzionalita' dell'istituto,
salvo che nella parte  in  cui  «non  prevede  che  la  notifica  del
provvedimento del questore contenga  l'avviso  che  l'interessato  ha
facolta' di presentare, personalmente o a mezzo di difensore, memorie
o deduzioni al giudice per  le  indagini  preliminari»,  al  fine  di
«assicurare all'interessato la concreta ed effettiva conoscenza delle
facolta' di difesa di cui puo' fruire». 
    Con  riguardo  alla  difesa  tecnica  in  materia   di   liberta'
personale,  la  medesima  Corte,  nella  sentenza  n.  160  del  1995
(richiamata  in  quella  appena  menzionata),  aveva  osservato   che
«l'obbligatorieta'   dell'assistenza   difensiva,   con   conseguente
necessita' che il  giudice  provveda  alla  nomina  di  un  difensore
d'ufficio  in  mancanza  di  un  difensore  di  fiducia,  opera   con
riferimento al processo penale (e parimenti al processo per le misure
di sicurezza e a quello per le misure di prevenzione) in cui viene in
rilievo il valore fondamentale della liberta'  personale;  altrimenti
"il legislatore ordinario puo' anche non spingersi fino al  punto  di
imporre la difesa tecnica, restando cosi' libero di prescrivere o  no
la nomina del  difensore  d'ufficio  in  mancanza  del  difensore  di
fiducia e, a  maggior  ragione,  di  prescrivere  o  no  l'intervento
obbligatorio del difensore nel concreto svolgersi  del  procedimento"
(sentenza n. 160 del 1982)». Nella sentenza n.  160  del  1982  aveva
rimarcato   che,    nella    sua    giurisprudenza,    l'affermazione
dell'obbligatorieta' della difesa tecnica «si trova sempre e soltanto
con riferimento al processo penale di cognizione, agli  incidenti  di
esecuzione penale, al processo per le misure di sicurezza, tra cui il
ricovero in manicomio giudiziario, ed al processo per  le  misure  di
prevenzione, espressamente  modellato  dall'art.  4  della  legge  27
dicembre 1956, n. 1423, sullo schema degli artt. 636 e 637 cod. proc.
pen.: procedimenti caratterizzati, tutti, dal compimento di  indagini
e valutazioni preordinate all'adozione ed esecuzione di misure penali
o di misure che "trovano causa nella pericolosita' sociale-criminale"
del soggetto (v. le sentenze n. 168 del 1972 e n. 69 del 1975)». 
    Nella richiamata sentenza n. 144  del  1997  la  questione  della
obbligatorieta' o meno della difesa tecnica e' stata  definita  sulla
base del criterio della maggiore  o  minore  gravita'  dell'incidenza
della misura sul diritto fondamentale alla liberta' personale. 
    Sotto tale  profilo,  la  misura  dell'obbligo  di  presentazione
presso un  ufficio  della  forza  pubblica,  di  cui  alla  lett.  c)
dell'art.  14,  comma  l  bis,  t.u.  imm.,   applicata   all'attuale
ricorrente, sembra differire in maniera significativa da  quella  che
e' stata oggetto di detta sentenza. 
    Infatti, pur sostanziandosi entrambe le  misure  nell'obbligo  di
presentarsi, in giorni e orari  determinati,  presso  un  ufficio  di
polizia, i riflessi di tale obbligo  sulla  liberta'  di  chi  vi  e'
sottoposto sono ben diversi, essendo  l'obbligo  finalizzato,  in  un
caso,  ad  impedire  all'obbligato  di  assistere  a   manifestazioni
sportive, nell'altro,  invece,  ad  assicurare  l'esecuzione  di  una
misura di ben altro impatto, quale l'espulsione  con  accompagnamento
alla frontiera. 
    Il procedimento di convalida  della  misura  in  esame,  inoltre,
differisce da quello di cui all'art. 6, comma 3, della legge  n.  401
del 1989, cit., anche sotto un altro profilo rilevante  ai  fini  del
diritto di difesa in materia  di  liberta'  personale,  quello  della
«concreta ed effettiva conoscenza delle facolta'  di  difesa  di  cui
puo' fruire» il destinatario della misura, non  a  caso  sottolineato
dalla  richiamata  Corte  cost.  n.  144   del   1997   nel   sancire
l'illegittimita' costituzionale di quel procedimento nella  parte  in
cui non prevedeva l'espresso avviso concernente tali facolta'. Appare
invero evidente la diversa efficacia che detto avviso puo' avere  ove
rivolto, generalmente, a  un  cittadino,  che  in  quanto  tale  puo'
presumersi  essere,  per  cultura  personale  e   radicamento   nella
societa', maggiormente consapevole dei propri diritti e  capace,  tra
l'altro,  di  produrre   al   giudice   scritti   difensivi   redatti
personalmente, rispetto a quanto lo sia un soggetto  di  nazionalita'
estranea  all'Unione  europea,  presumibilmente  inibito  da   limiti
culturali e sociali che ne ostacolano le consapevolezze,  nonche'  le
capacita' di autodifesa. 
    Le conclusioni  tratte  da  Corte  cost.  n.  144  del  1997  con
riferimento all'obbligo di presentazione presso un ufficio di polizia
previsto dall'art. 6, comma 3, della legge n. 401 del 1989, cit., non
sembrano quindi riproponibili nel caso della misure di  cui  all'art.
14, comma 1 bis, t.u. imm., dati i rilevanti  profili  di  diversita'
tra le due fattispecie. Si giustifica pertanto  il  dubbio  circa  la
compatibilita' di  quest'ultima  norma  -  nella  parte  in  cui  non
assicura all'interessato adeguate garanzie difensive, in  quanto  non
prevede che il giudizio di convalida si  svolga  in  udienza  con  la
partecipazione necessaria del suo difensore e la  conseguente  nomina
di un difensore di ufficio in caso di mancata nomina di un  difensore
di fiducia - con la garanzia giurisdizionale cui all'art. 13 Cost. in
tema di provvedimenti limitativi della liberta' personale  e  con  il
diritto di  difesa  in  giudizio  riconosciuto  dall'art.  24,  comma
secondo. 
    4.2. Tale  dubbio,  inoltre,  non  puo'  essere  risolto  in  via
interpretativa, come invece suggerito.  dal  ricorrente,  attesi  gli
insuperabili limiti letterali della disposizione di  legge  sospetta.
La «facolta' di' presentare personalmente o a mezzo  di  difensore  -
memorie o deduzioni al giudice della convalida»,  prevista  dall'art.
14, comma 1-bis, t.u. imm., e' chiaramente alternativa all'udienza di
convalida  con  la  partecipazione  necessaria  del   difensore   del
destinatario, eventualmente nominato d'ufficio, prevista  invece  per
le misure del trattenimento in un centro di permanenza per i rimpatri
e dell'accompagnamento alla frontiera, rispettivamente, dall'art. 14,
comma 4, e  dall'art.  13,  comma  5-bis,  t.u.  imm.  (contra  Cass.
2297/2018, che, senza tuttavia  motivare  al  riguardo,  ha  ritenuto
necessaria anche per le misure  alternative  l'udienza  prevista  dal
comma 4 dell'art. 14 t.u. imm., relativo invece  alla  convalida  del
trattenimento). 
    4.3. Consegue da quanto sin  qui  osservato  che  deve  ritenersi
rilevante nel presente giudizio e  non  manifestamente  infondata  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14,  comma  1-bis,
t.u. imm., in quanto non prevede che il giudizio di  convalida  della
misura di cui alla lett. c) di tale disposizione si svolga in udienza
con la partecipazione necessaria del difensore del destinatario  (con
conseguente nomina di un difensore di  ufficio  in  caso  di  mancata
nomina di un difensore di fiducia), .per contrasto con gli artt. 13 e
24, comma secondo, Cost. 
    Si impone, pertanto, ai sensi dell'art. 23 della legge  11  marzo
1953, n. 87, la sospensione del presente  giudizio  con  trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale.